Aperta la TAC a video con le sezioni in cui si lavora. Rivalutazione di altezza, spessore, inclinazione, densità, particolari strutturali, spessore ed andamento delle corticali, andamento del canale mandibolare nella mandibola, sue dimensioni ed eventuali sdoppiamenti, andamento del pavimento del seno mascellare, del pavimento nasale, struttura del tuber ove necessario per il mascellare.
Aperta la Rx endorale per visualizzare la situazione di partenza, in particolare sottosquadri delle radici da estrarre, radiotrasparenze apicali, presenza di parodontopatie gravi, tenendo presente la frequenza di ripetizione degli episodi ascessuali se presenti.
Foto del campo operatorio e dell’antagonista, mobile, fisso.
Sciacquo con clorexidina.
Ha preso l’antibiotico stamattina?
Paziente ben posizionato in poltrona con testa estesa.
Operatore che occupa la posizione ergonomica più idonea per seguire nel lavoro l’orientamento dell’osso.
Palpazione che confermi i dati tac riguardo a forma e andamento dell’osso, presenza di gengiva aderente, rapporti intermascellari e spazio occlusale residuo per confermare l’altezza del moncone.
Anestesia minima, puntata con peripress o con siringa diritta solo della zona operativa.
Estrazione dolce dell’elemento o della radice evitando traumi.
Curettaggio del fondo dell’ alveolo se necessario.
Rx della zona estratta.
Primo lavaggio con rifocin.
IMPLANTOLOGIA VERA E PROPRIA
Se non è postestrattivo e se esiste una corticale occlusale o una cresta stretta fresa al tungsteno per creare il sito di ingresso.
Fresa lanceolata a bassa velocità.
Lavaggio con rifocin.
Quando necessario Rx con la fresa lanceolata inserita e presa della misura della lunghezza.
Foto della lunghezza della fresa con la radice ed un impianto come riferimento per stabilire le dimensioni implantari.
Se la densità dell’osso è apparsa consistente, maschiatura con maschiatore diam. 4.
Lavaggio con rifocin.
Rx della profondità raggiunta dal maschiatore.
Inserimento del maschiatore da 5 mm con valutazione del rischio di cavitazione
Maschiatura con maschiatore diametro 5 mm con valutazione del torque di inserimento ai vari livelli di profondità
Lavaggio con rifocin.
Scelta dell’impianto: diametro e numero delle spire.
Risterilizzazione dell’impianto nella sterilizzatrice a pallini di quarzo.
Inserimento dell’impianto con avvitatore manuale a cacciavite e/o con il cricchetto. L’inserimento deve essere dolce accertandosi che le spire si approfondiscano nel tunnel implantare.
Verificare che il collo implantare sia ben affondato.
Rx finale.
PARTE PROTESICA
Monconizzare l’impianto parallelizzandolo con altri elementi naturali/implantari presenti. Lasciare adeguati spazi in occlusione.
Confezionare il provvisorio, rifinirlo, in gengivale, in vestibolo/linguale, in occlusione più forma delle cuspidi.
L’occlusione deve essere leggera, oppure scaricata leggermente, puntiforme con piano occlusale ridotto. Piano degli svincoli ridotto in altezza.
Se non esiste ritenzione primaria, provvedere alla ribasatura rifinendola e/o alla cementazione provvisoria del manufatto.
Durante le varie fasi documentare fotograficamente i momenti salienti.
Se la zona interessata era posteriore al 34/44 verificare i segni del ritorno alla sensibilità normale (vedi poi).
RACCOMANDAZIONI FINALI
di terapia: antibiotica, antinfiammatoria, ghiaccio.
di alimentazione.
comportamento lavorativo.
Fissare nuovo appuntamento di controllo.
Registrare in cartella l’intervento e riportare tutti i dati salienti nel Registro degli impianti.
Altri Aspetti Rituali della Implantologia contemporanea…
LA STERILITA’
Cosa usi per sterilizzare i ferri? Autoclave di classe B, sterilizzatrice a pallini. Ultrasuoni, bagno dei ferri in soluzioni germicide? Tutte queste cose insieme?
Domanda non provocatoria:
Se ti cade per terra una leva o uno specchietto cosa fai? Lo restituisci al fornitore per fartelo sostituire sterile?
Ma se:
Se ti cade per terra l’impianto che pensi di utilizzare, che fai?…….
Altro problema:
hai comprato 5 impianti di varie misure e lunghezze.
Durante l’intervento ti rendi conto che non hai l’impianto adatto: te ne serve uno più corto perché sei troppo vicino al canale mandibolare.
Cosa fai? Rimandi l’appuntamento e l’intervento intanto che aspetti che il corriere più veloce ti faccia la consegna in tempi record?
Ti contenti di un impianto meno performante se ce l’hai?
O accorci il tuo impianto!!!….
Sapendo come fare naturalmente.
Ma..è possibile accorciare o modificare l’impianto?
E quanto dura un impianto accorciato nei modi corretti?
Una risposta parziale la si può trovare nel caso clinico seguente, di recente esecuzione.
Discorso non privo di importanza merita il tema del tipo di chirurgia da utilizzare durante interventi di implantologia. Come è noto e come gli stessi Mish e Chiapasco ricordano nei loro libri, peraltro molto completi, (vedi a pag. 348 di Misch e a pag. 107 di Chiapasco), c’è una controversia in corso per quanto riguarda la tecnica chirurgica sterile rispetto alla tecnica pulita nella inserzione di impianti ossei. ‘….La decisione clinica per un ambiente sterile anziché pulito rimane una decisione del singolo operatore dal momento che esiste documentazione per entrambi gli approcci……..La chirurgia intraorale è assimilata ad una classe II o chirurgia contaminata pulita. Tuttavia è prudente ridurre il rischio di infezione….’.
L’adozione di procedure più invasive esige quindi comportamenti più virtuosi, ‘più sterili’ che naturalmente comportano protocolli più rigidi, complicati da una maggior preparazione ed istruzione di tutti i membri della equipe, e più tempo da mettere a disposizione per la organizzazione dell’intervento chirurgico.
Si comprende in questo ambito, dopo essersi sforzati di realizzare condizioni di sterilità, peraltro irraggiungibili nel cavo orale, quanto sia grave lasciare che esistano spazi intra-implantari colonizzabili a tempo indeterminato da batteri
saprofiti del cavo orale. Allo stesso modo estendere il campo chirurgico con non indispensabili scollamenti, osteotomie o innesti di osso di incerta prognosi, allunga i tempi di guarigione, aumentando nel contempo il rischio infettivo del sito chirurgico e di conseguenza le norme di sterilità da adottare. Grazie alla miniinvasività della tecnica italiana abbiamo trovato inutile ed inopportuno adottare tecniche sterili nei nostri interventi. Dal 1986 dopo uno sciacquo eventuale con clorexidina, sotto copertura antibiotica, e dopo lavaggi intraoperatori con rifocin nel durante dell’intervento non abbiamo mai registrato complicanze legate a problemi di sterilità.
Al termine di queste brevi considerazioni potrebbe essere opportuno valutare i seguenti comportamenti in Implantologia. Ho conosciuto ‘chirurghi’ che avendo lasciato cadere per terra un impianto, lo hanno fatto sostituire dal fornitore. Personalmente adottiamo come corretta la procedura di risterilizzare gli impianti a 350° nella sterilizzatrice a palline di quarzo per 8 secondi, raffreddandola poi per 10 secondi all’aria e quindi in un bagno di Rifocin. I nostri ambulatori sono dotati di autoclavi di tipo B di ultima generazione. Utilizziamo correntemente ultrasuoni e bagni con liquido germicida per tutto il nostro strumentario.
Data 19/04/2021
Ambulatorio Acquafredda
Cognome e nome: Xxxxxx Xxxxx
Età 64
N.impianti esistenti: 2
Data e n.interventi già fatti: 2010 in 22. 2013 in 12
Tipo di impianto: Tramonte
N.impianti inseriti: 2
Saldatura: no
Zona dentale: 35 – 36
App.Rx endorale: Vix-win Acquafredda
Tac: no
Situaz.estrattiva: pexist in 35 nopex in 36
Densità secondo Misch: D2
Antagonista(fissi,mobili,naturali,implantari: naturale
Spessore mucosa: normale
Altezza masticazione: media
Bruxismo: assente
Foto : Iphone 12
Modelli: no
Consenso/informativa: si
Privacy: si
Operatore 1: dr. Bazzoli F
Operatore2: dr. Bellini MA
Sequenza frese: solo lanceolata
Sequenza maschiatori: diam. 5 in 35 e diam. 4 in 36
Carico occlusale: immediato leggero
Complicanze: nessuna. Sensibilità restituita a fine intervento.
Una problematica, nata dall’utilizzo di impianti cavi, di cui si parla abbastanza poco, riguarda la coppia da esercitare durante l’avvitamento dell’impianto; in effetti raccomandando di utilizzare chiavi dinamometriche e di non superare i 30 newton di coppia, i protocolli chirurgici tralasciano molto spesso di segnalare il rischio di innescare fratture e deformazioni irreversibili nell’impianto stesso.
Esso possiede una morfologia interna molto articolata e presenta spessori anche molto sottili ed anfrattuosità sensibili agli stress da avvitamento con deformazioni che si possono manifestare al momento di inserire la vite di guarigione, al momento di caricare l’impianto, oppure a distanza di tempo.Purtroppo le cavità intra implantari costituiscono un serbatoio di batteri collocato al di sotto della mucosa ed hanno la loro responsabilità nello sviluppo delle periimplantiti, con conseguenti infiammazioni della mucosa e riassorbimento di osso nel tempo.
LA CAVITAZIONE
Hai fatto il foro con la fresa lanceolata, inclinazione buccolinguale corretta. Posizione disto mesiale centrata. Cominci a maschiare, scendi un po’, continui a girare l’avvitatore manuale, o il cricchetto; che bello! Tutto bene. Sono un implantologo…Ad un tratto ti rendi conto che il maschiatore non è sceso. O forse te ne accorgi dopo due giri completi che non era avanzato nel canale osseo. Disastro!! Hai cavitato!.
Se sfili il maschiatore, e peggio se era l’impianto, vedi tra le spire una poltiglia rossa, frustoli di osso. Bravo!! Proprio quello era l’osso a cui si doveva ancorare l’impianto attraverso le spire e tramite questo scaricare le forze………
Adesso nel tratto interessato non hai più un foro di 2 mm da maschiare e creare in esso il controfiletto, bensì un tunnel di 4 mm se avevi usato un maschiatore del 4. Oppure hai un bel foro di 5 mm se avevi usato un maschiatore o un impianto di 5 mm di diametro. Addio stabilità immediata, addio carico immediato!!…..La tenuta della tua vite è diventata zero come se fosse un tappo vecchio in un collo di bottiglia.Se l’osso in altezza era poco, solo per due spire o tre ti sei giocato la possibilità di posizionare l’impianto. Hai dimenticato una cosa importante: la vite che usi è una macchina che deve avanzare mentre gira, ma se dopo un giro completo non è scesa di 2,2 mm, invece che penetrare ancorandosi, ha tritato l’osso circostante!!!! Esattamente come il tritacarne del nonno per fare i salami. Sic..
Se stai usando diametri maggiori di 6, 8 o 10 mm il danno è in proporzione.
Perciò, quando usi il maschiatore, spingi con forza ma ruota len ta men te.
Spingi forte ed in asse col capo del paziente, che avrai avvisato di stare ben fermo, immobile e intanto accertati che stai effettivamente scendendo, lungo la direzione scelta. Allo scopo fa in modo che niente disturbi il tuo operare. Avvisa chi ti circonda. Nessun aspiratore che si muova all’improvviso, nessun tiralabbra che si sposti, nessuna variazione di luce perchè qualche testa si interpone per guardare meglio. Il campo deve essere asciutto, senza gemizio.
Tieni presente che questo pasticcio ti può capitare sempre con qualunque impianto anche se ne hai già fatti diecimila. Guarda con attenzione le rx per individuare addensamenti di osso midollare che non avevi notato prima. Se c’è un aumento della densità devi aumentare la forza di penetrazione, perciò spingi ma gira piano. Un eccesso di spinta non fa danno, aiuta la discesa.
La assenza della spinta, al contrario, costringe la spira ad avanzare facendo fare tutto lo sforzo al tratto di osso in cui si sta impegnando che perciò si può sgretolare man mano giri.
Adesso potrai dire al paziente: ‘Vede l’osso non tiene. Non si può fare l’impianto”. Oppure:” vede non possiamo fare il carico immediato, dobbiamo aspettare tre mesi e usare un impianto osteointegrato che è più sicuro……” o altre perle dello stesso tipo. Se non ti accorgi subito del guaio che hai combinato, dopo qualche mese potrai sempre dire: “Vede sono passati tre mesi e non si è ancora integrato. C’è stato il rigetto”.
Torniamo a noi. Quando, dopo la maschiatura andata a buon fine cominci ad avvitare l’impianto, devi sentire con le dita che l’impianto sta scendendo e percorre il canale appena creato. Adesso devi essere dolce, spinta minima e occhio alla discesa. Mantieni lo stesso asse di penetrazione che c’era prima. Anche il paziente più collaborante, credendo di aiutarti, oppure se ha dolore, torce il capo e ti cambia la collocazione spaziale del tragitto implantare e ti fa inceppare la discesa. Occhio alla ergonomia. Ma ne riparleremo…tu adesso dirai: ma i 30 Newton di torque?
Data 02/03/2021 Ambulatorio Guidizzolo
cognome e nome Xxxxxxx Xxxxx
Età 75 anni
N° impianti esistenti 10
Data e n°interventi fatti: 2014:35 44 45 46. 2016: 16. 2017:22 23 24 25. 2019: 21
Tipo di impianto Tramonte
N° impianti inseriti : 2
Saldatura no
Zona dentale: 11 12
App. Rx endorale : vix win Guidizzxolo
TAC: presente
Situazione estrattiva: postestrattivi immediati
Densità secondo Misch: D2, D3
Antagonista elementi fissi naturali,implantari o protesi mobile: naturale
Spessore della mucosa spessa media sottil: media
Altezza di masticazione alta media bassa: bassa morso profondo
Bruxismo: assente
Foto : iPhone 12
Modelli: presenti
Consenso/Informativa si
Privacy: si
Operatore 1: Dr. Bellini
Operatore 2: dr. Bazzoli
Sequenza frese: solo lanceolata
Sequenza maschiatori: diametro 4 mm
Carico occlusale : immediato leggero
Dichiarazione di soddisfazione video o scritto: scritto presente
La integrazione o osteointegrazione, che dir si voglia, non è per sempre ma l’organismo la rimette quotidianamente in discussione. Chiarissimo ed esauriente Misch descrive qualcosa che non è un quadro statico ma un film vero e proprio.A pag. 235 paragrafo:interfaccia osso-impianto osserva: – l’osso corticale umano delle diafisi di ossa lunghe e della costola si rimodella con una percentuale variabile dal 2% al 10% all’anno………. – L’osso corticale che sorregge i denti può avere essenzialmente una velocità di rimodellazione maggiore; (30-40% all’anno). – Come mostrato in figura 17.9 l’osso corticale attorno a un impianto endoosseo continua a rimodellarsi. Il mantenimento a lungo termine della rigida fissazione ossea coinvolge una velocità di rimodellamento di circa il 500% all’anno dell’osso immediatamente adiacente entro 1mm all’impianto. (da Roberts WE London 1993 Quintessence – Osteointegrazione in riabilitazione orale). Chiapasco riferisce percentuali analoghe e gli stessi valori ci sono stati ripetuti in università. Altro che osteointegrato! Le più recenti ricerche ci indicano che c’è un equilibrio instabile che il nostro osso ci garantisce nel tempo al prezzo di una sostituzione veloce e incessante delle strutture portanti l’impianto. Queste velocità di ricrescita sono inquietanti, pensando a tessuti patologici in cui questa caratteristica è espressa al massimo grado come le neoplasie. Dobbiamo perciò essere grati al nostro caro osso normale di riuscire a tenere testa ai carichi masticatori utilizzando strutture a lui straniere, metalli soltanto compatibili, senza la dotazione fornitaci da madre natura: il parodonto, lo splendido scudo antibatterico che permette lo scarico indolore delle forze a lui trasmesse. Il sigillo biologico. A pag. 249 Misch, parlando di sigillo biologico e in particolare della deformazione cui gli emidesmosomi vengono sottoposti dice …..’si può sostenere che un moncone implantare di grande diametro sarà più portato a subire violazioni di questo sigillo ad opera degli stiramenti tissutali rispetto ad un moncone di diametro più piccolo. Clinicamente si osserva raramente lo stiramento del tessuto attorno ai monconi di piccolo diametro, non importa se su impianti cilindrici, o a lama, e nella maggior parte degli impianti subperiostali, mentre è un reperto abbastanza comune attorno ai monconi di diametro più grande.’ Queste considerazioni ripetute in altre parti del libro, mettono in luce che Misch conosce il vantaggio derivante dall’uso di colli implantari di piccolo diametro in alternativa a quelli di grande diametro nel contrastare mucositi, periimplantiti riassorbimenti e infezioni dell’osso. Ciò nonostante ha optato per il secondo tipo di impianti, attribuendo il danno crestale più a fattori batterici e a stress occlusali. Egli secondo noi non ha considerato abbastanza il contributo peggiorativo dovuto al disegno dell’impianto stesso nel suo volume complessivo, nella lunghezza del suo collo, nelle dimensioni e nel passo delle sue spire, nei suoi spazi interni, nella sua rugosità superficiale.
Data 11\12\2019
Ambulatorio Carpenedolo
cognome e nome Xxxxxx Xxxxxx
Età 55
N° impianti esistenti 1
Data e n°interventi già fatti: ottobre 2015 in 25
Tipo di impianto : Tramonte
N° impianti inseriti: 3
Saldatura no
Zona dentale: 45 46 47
App. Rx endorale CDR Carpenedolo
TAC: Si Acquafredda
Situazione estrattiva Pexist in 45 e nopex in 46 e 47
Densità secondo Misch: 2
Antagonista elementi naturali,impl/protesi mobile: ponte su denti e impianti.
Spessore della mucosa spessa media sottil: medio
Altezza di masticazione alta media bassa Bassa
Bruxismo con serramento
Foto : Iphone Xs
Modelli: si
Consenso/Informativa: si
Privacy: si
Operatore 1: dr. Bazzoli f
Operatore 2: —
Sequenza frese: solo lanceolata
Sequenza maschiatori: maschiatore diametro 5 mm
Carico occlusale: leggermente scaricato confezionato dopo due giorni.
Descrizione intervento
Complicanze: nessuna
Dichiarazione di soddisfazione video o scritto: prersente
Ti ringraziamo per l’interesse che dimostri per il nostro modo di lavorare… Non si riesce a dare una risposta breve alle tue osservazioni che troviamo puntuali.
1- Tempistica di posizionamento. A guidare i tempi sono le condizioni cliniche: si fa estrazione e contestuale impianto+carico in questi due casi: se non c’è infezione e se il paziente lo vuole. Raramente succede che L’infezione è seria con ascessi, fistole e allora si aspetta continuando la terapia antibiotica e condizioni migliori. Se il paziente non vuole procedere per motivi economici, può capitare, aspettiamo anche a fare la estrazione sempre che le condizioni lo consiglino.
2- Perforazione delle corticali: rischi. Perforazioni non bisogna farne. Ma raramente è capitato. Distinguiamo: uscire dalla corticale nella profondità del foro lingualmente può innescare delle belle complicanze. Emorragie o danneggiamento del fascio nervoso del nervo linguale le evitiamo perché nella mandibola distalmente ai forami usiamo solo la fresa lanceolata che può procurare solo danni minimi. Non usiamo mai la fresa elicoidale, che farebbe disastri. Tuttavia il lembo non si estende quasi mai sotto la linea miloioidea lingualmente perciò non consente di vedere le eventuali perforazioni.
Complicanze di profondità. Tuttavia perforare la corticale in profondità può provocare rottura della fresa, che poi è da rimuovere. Esattamente come può succedere quando perfori il ferro al momento della uscita della punta del trapano. Il prof. Salgarello ha rimosso da un nostro paziente un frammento di fresa di 2 mm dopo che avevo perforato lingualmente la corticale in zona 32. (Agosto 2012). Ci si accorge che la fresa non scende nonostante si aumenti la pressione o la velocità di rotazione. Quando si ritira la fresa, per i lavaggi con rifocin, si vede che i frustoli sono bianchi anziché rosa, c’è il rischio di surriscaldare l’osso. Il paziente segnala che ha male.
Insomma ti rendi conto che la fresa è impegnata in una corticale, magari di sbieco. Meglio allora spostare leggermente l’asse del foro per raggiungere zone più midollari o usare un impianto più corto. Una radiografia endorale condotta sul piano occlusale mostra la posizione della fresa. Di solito succede perché ci si lascia guidare dalla inclinazione dei denti vicini per evitare appunto che il moncone implantare emerga troppo lingualmente. Un moncone linguale deve essere parallelizzato in modo che la corona abbia una posizione normale. Se lo spazio è poco è meglio studiare bene il caso prima di procedere.
Complicanze di superficie. Diverso è invece avere delle spire che emergono lingualmente o vestibolarmente in zone più coronali. E qui il lembo metterebbe in evidenza le spire eventualmente sporgenti. Meglio ridurre allora il diametro dell’impianto in modo che le spire non emergano dall’osso. Tuttavia bisogna dire che queste perforazioni guariscono senza ulteriori complicanze, contrariamente a quanto si segnala con impianti detti osteointegrati.
Il rimodellamento. Con il passare del tempo, negli anni, per un rimodellamento dell’osso con corticali sottili, possono superficializzarsi i bordi di una o due spire. Senza ricorrere a lembi si lisciano con garbo le spire che sporgono, riportando alla normalità la situazione. Si invita poi il paziente ad una maggior dolcezza nello spazzolamento.
Vantaggi degli impianti impegnati in una o due corticali. Personalmente consideriamo un punto di forza per la durata dell’impianto nel tempo, il fatto che delle spire impegnino una delle due corticali. Ci rendiamo conto di descrivere situazioni che per la implantologia osteointegrata costituiscono fonte di complicanze e di periimplantiti. Da trattare con innesti, membrane e quant’altro e con esiti da verificare nel tempo.
Noi con i nostri impianti non le abbiamo quasi mai viste. E non abbiamo poi mai dovuto ricorrere a recupero di situazioni problematiche con innesti. Attribuiamo ciò alla particolare dolcezza delle nostre tecniche molto meno cruente e destruenti e al disegno particolare dell’impianto di Tramonte.
Il conto della serva Quando progetti la collocazione di un impianto e la tecnica che vuoi usare, ricorda di fare sempre “il conto della serva“. L’espressione colorita: ‘il conto della serva’ viene usata dagli operatori di Borsa per confrontare i costi e i ricavi delle diverse operazioni di acquisto titoli con le vendite degli stessi da effettuare a termine, per capire se c’è un guadagno o una perdita secca, e decidere di conseguenza se farle o no queste operazioni. Il rapporto tra costi biologici e benefici finali deve portare vantaggi significativi per il paziente. Soprattutto con pazienti anziani, o che seguono terapie complesse, o che presentano scarsa collaborazione. E i costi è molto opportuno che siano ridotti al minimo. Oggi tutti i pazienti sono particolarmente sensibili e i colleghi disonesti hanno buon gioco a parlare di danni iatrogeni. Avremo occasione di affrontare questo problema delicato.
Prospettive Ecco ci piacerebbe lavorare con un gruppo numeroso di colleghi che fanno squadra. Perché mi pare che il lavoro da fare per i prossimi venti anni sia tanto. Ora che anche le università hanno cominciato ad accettare il nostro modo di lavorare riconoscendone l’utilità. Perciò comincia a trovare un tuo compagno di corso, saggio, preparato e rispettoso degli altri, perché due è meglio di uno. Che condivida questo cammino. Come vedi anche noi ti chiediamo qualcosa… in cambio
L’impianto medio della scuola osteointegrata è un impianto di grosso volume ed esige la asportazione di grosse quantità di osso. L’impianto medio della scuola italiana è un impianto che può essere di grosso diametro, rispetto alla misura corrispondente della altra scuola, ma occupa un volume piccolo e pretende la asportazione di minime quantità di osso.
Procediamo al confronto.
Ci vuole un attimo di pazienza; i dettagli sono tanti e le scelte che si fanno hanno conseguenze importanti.
NON SONO CHIACCHERE ed è un vero peccato che certi impianti vengano definiti osteointegrati anche se sono ancora contenuti nella confezione originale. Perchè forse si integreranno tutti o forse no, ma solo dopo essere stati inseriti e dopo un ragionevole lasso di tempo trascorso mentre il paziente li utilizza in condizioni normali. La battaglia per la osteointegrazione si conduce e si vince solo dopo con il passare di parecchi anni. Perchè, tra l’altro, l’osteointegrazione può non essere per sempre…….
CONSEGUENZE DURANTE LA FASE DI PROGETTAZIONE.
L’impianto di grosso volume esige nella progettazione che si preveda di lasciare adeguati spazi di sicurezza rispetto a strutture anatomiche sensibili contigue: radici dentarie, corticali, fascicoli vascolo-nervosi, seni mascellari e nasali, a causa della necessità di asportare grossi volumi di osso.
Esso perciò è utilizzabile solo con mandibole e mascellari di dimensioni adeguate nei tre piani, (osso di classe A della classificazione di Mish sull’osso disponibile.
Restano quindi esclusi tutti quei pazienti che,per vari motivi, sono meno dotati scheletricamente; essi dovranno affrontare un percorso ben più impegnativo sotto il profilo chirurgico, biologico, umano, economico. Perché ?
Come dice Mish nella classificazione dell’osso disponibile, nelle classi B e C è necessario regolarizzare le zone di cresta più sottile con osteoplastiche estese anche da sesto a sesto, nella edentulia totale, per recuperare zone superficiali atte a contenere impianti dal diametro adatto.
Questa asportazione di osso indebolisce la struttura della mandibola; e sono proprio le corticali a lama di coltello della cresta che si oppongono maggiormente alla flessione della mandibola, e hanno densità maggiore ad essere interessate da queste manovre chirurgiche.
Ma potrebbero e dovrebbero essere risparmiate ed utilizzate. Il che è quello che si fa con la tecnica della scuola italiana. Perché avendo i suoi impianti un collo di soli 2 mm di diametro accettano di essere inseriti senza bisogno di osteoplastiche.
In alternativa alla osteoplastica Misch prescrive aumenti di cresta per apposizione di osso da prelevare da sedi intraorali, extraorali, da banche deputate a raccogliere osso omologo ed eterologo, o con sostituti dell’osso naturali o di sintesi.
Sono necessari quindi interventi chirurgici prima dell’intervento implantare con propri tempi, modalità esecutive, rischi, complicanze ed esiti variabili da tenere in considerazione.
CONSEGUENZE DURANTE L’INSERIMENTO.
Per collocare un impianto ‘osteointegrato’ viene utilizzato di solito un set di frese di diametro e lunghezza crescenti. All’aumentare delle dimensioni della fresa aumenta il rischio di surriscaldamento dell’osso, con necessità di utilizzo di irrigazioni esterne o interne alla fresa, la cui efficacia è variabile; sono necessari inoltre continui vai e vieni per minimizzare questo surriscaldamento e per liberare la fresa dai trucioli d’osso.
Procedendo alle velocità consigliate tra i 400 e i 600 giri\minuto, ma accade anche a velocità nettamente inferiori, si manifesta l’effetto giroscopico che, in assenza di una più che buona stabilità del capo del paziente e della mano dell’operatore, o se c’è un pur minima variazione nella inclinazione della fresa, provoca improvvisi spostamenti della fresa stessa con conseguenti rischi di danni alle strutture vicine.
Per questo è consigliato sempre lo scollamento delle mucose e del periostio.
Al contrario con un impianto di Tramonte il lembo non è previsto tranne in casi eccezionali.
Torniamo alla tecnica ‘osteointegrata’.
La dimensione e la profondità finale del neoalveolo vengono raggiunte in fasi successive, inserendo frese di diametro crescente e con stop a profondità progressive.
E’ quasi imperativo procedere utilizzando delle dime chirurgiche; esse oltre a guidare l’inserimento secondo la logica della chirurgia guidata protesicamente, provvedono a ridurre in modo significativo gli sbandieramenti improvvisi delle frese.
La fissità e la precisione degli ancoraggi della dima, sono imprescindibili, e complicano la indaginosità dell’intervento per la presenza dei lembi scollati. Spesso una dima chirurgica non ben fissa o non ben posizionata ha determinato errate perforazioni con conseguenti complicazioni a carico della zona impiantata.
Una ridotta apertura della rima buccale riduce le possibilità di intervenire nelle zone posteriori.
Una perforazione della corticale vestibolare o linguale rende imprescindibile l’utilizzo di membrane riparative con esiti da verificare nel tempo.
Fresare in queste condizioni rasente a una radice, ad una arteria , ad una vena o peggio ad un tronco nervoso, provoca grossi danni ed è assolutamente da evitare. Infatti le linee guida indicano in 2 mm. la distanza dalle strutture sensibili vicine.
L’azione di una fresa elicoidale possiede un effetto a cavatappi e gli operatori più imprudenti possono trovarsi col nervo alveolare inferiore attorcigliato alla fresa che lo ha strappato dalla sua sede e conseguente causa penale e civile di risarcimento dei danni.
Così la perforazione delle corticali linguali può indurre la lacerazione di vasi del pavimento buccale con stravasi che anche se non importanti sono comunque ben visibili e fastidiosi.
Allo stesso modo il parodonto del dente contiguo può essere lacerato in modo importante con conseguenze immaginabili. Se non esiste un lembo mucoperiosteo, in caso di perforazione delle corticale vestibolare o linguale\palatale, il danno può trasportare cellule connettivali nel contesto osseo, il che può provocare durante la fase riparativa la perdita della cosiddetta osteointegrazione.
Allo stesso modo la fresa può lacerare la membrana di Schneider provocando una manovra di Valsalva positiva e problemi sinusali.
Per tutti questi motivi utilizzare solo frese a piccolo diametro è altamente preferibile e sicuro.
CONSEGUENZE DURANTE E DOPO LA GUARIGIONE
Quanto osso sacrificare….
Non si può dimenticare secondo quanto riferisce il dott. Misch e in altra sede il dott. Chiapasco, che un volume di 1mm di osso circostante la perforazione va incontro a necrosi nelle settimane seguenti, rendendo obbligatorio la messa a riposo dell’impianto in attesa della ricostruzione ossea, visto la perdita della stabilità meccanica iniziale, dopo le prime due settimane.
A pag. 234 del suo libro Misch recita:’ Come mostrato nella fig. 17.18, circa un millimetro di osso compatto vicino alla ferita muore dopo l’intervento, indipendentemente dalla qualità delle tecniche chirurgiche utilizzate.
Facciamo il conto della serva.
Calcoliamo il volume osseo che è necessario sacrificare per poter inserire un impianto ‘osteointegrato’ (sic!). Per un impianto di 5mm. di diametro e una lunghezza di 15 mm. il volume di osso perso o danneggiato è pari a oltre 500 mm. cubi. ( in effetti considerando la zona che va in necrosi intorno all’impianto il diametro da considerare è di ben 7 mm.; perciò: 3,5 x 3,5 x 3,14 x 15 = 576,9 mm cubi ).
Ciò è grave anche perché già di suo il paziente si presenta con deficit ossei talora importanti, cui il chirurgo dovrebbe ovviare.
Nella tecnica di Tramonte, al contrario il più delle volte è sufficiente la fresa lanceolata per inserire un impianto con perdite di osso insignificanti. La fresa lanceolata infatti scendendo compatta i frustoli di osso sulla parete esterna del tunnel che si va creando e sfilando la fresa solo poche frustali aderiscono ad essa.
E’ inutile perciò che il chirurgo che utilizza gli impianti sepolti affermi che l’osso manca e che quindi è necessario ricorrere ad un innesto, magari prelevandolo dalla teca cranica, visto che questa sede ha il gold standard di successi.
Limitare le osteoplastiche e gli scollamenti non imprescindibili significa rispettare il paziente.
La futura salute implantare è legata alla forma dell’impianto e al rispetto di queste regole.
La struttura dell’osso ed il suo nutrimento.
E’opportuno ricordare in questa sede che le maglie intrecciate dei canali di Havers e dei canali di Wolkmann non costituiscono solo elementi di nutrizione e crescita, trofismo e rimodellamento.
Essi sono anche costituenti strutturali essenziali dell’osso e ne garantiscono la funzionalità dell’apparato relativo attraverso la robustezza, la leggerezza e la elasticità.
Immaginiamo per un attimo questa rete tridimensionale e pensiamo in quanti punti dobbiamo interrompere queste maglie per poter inserire un impianto.
E’intuitivo che ridurre al minimo il numero delle maglie interrotte permette ai processi di guarigione di essere più rapidi e alla struttura della mandibola o del mascellare di indebolirsi il meno possibile conservando la sua capacità di assorbire i carichi masticatori al meglio.
Considerare questi aspetti del problema è importante perché le mandibole destinatarie di questi interventi sono il più delle volte già riassorbite in grado variabile, nello spessore, nella altezza, nella larghezza, nella angolazione tra piano occlusale e corpo implantare, nel rapporto corona impianto e ovviamente nella densità dell’osso, come ci racconta giustamente Mish.
Ma la presenza di un lembo separa i tessuti che forniscono nutrimento alle cellule osteoblastiche dalla superficie esterna dell’osso corticale.
La sezione delle arterie perforanti comporta necrosi degli osteociti dell’osso con conseguente ulteriore ipotrofia dell’osso stesso e allungamento dei tempi di guarigione. (Si perde ancora l’8% dei mascellari coinvolti).
Queste osservazioni non sono gratuite e considero molto opportuno tenerle nel dovuto conto.
In un periodo storico in cui tutti gli interventi si fanno mini-invasivi, l’odontoiatria contemporanea si pregia di tecniche ancora molto cruente come per sottolineare la propria dignità chirurgica rispetto a specialità più nobili.
Ma i nostri pazienti non ne hanno bisogno e non le cercano, anche perchè la loro età e le loro condizioni diventano via via più fragili.
CASO CLINICO : Riabilitazione del 28/04/2021
In particolare considero notevoli i seguenti aspetti:
1 età del paziente. 83 anni
2 esecuzione dei primi 6 impianti: 25 anni fa
3 esecuzione dei 5 impianti successivi: 14 anni fa
4 medicinali assunti dal paziente: nessuno
5 presenza di impianti in zona tuber/pterigoidea
6 presenza di impianti inclinati di antica data
7 presenza di impianto piegato in 25. (Per parallelizzarlo)
8 presenza di due miniimpianti in 11-12
9 presenza di barra saldata nel settore superiore
10 grave parodontopatia del settore inferiore
11 problematiche igieniche
12 insuccesso implantare di impianto di Tramonte inferiore, impianto precedente al 2004, nel quadro della generale parodontopatia
13 l’inserimento dei tre impianti non ha comportato innesti di osso o di tessuti connettivali.
14 Non ha reso necessari scollamenti
15 Non è stata necessario isolare le emergenze dei nervi alveolari inferiori
16 Trattandosi di osso ad elevata densità si è ricorsi alla fresa elicoidale, strumento raramente utilizzato da noi perchè non necessario e perchè ci sono zone in cui il suo utilizzo comporta rischi chirurgici per noi non accettabili. Inoltre questa fresa asporta quantità discrete di osso che preferiamo resti dove la natura lo ha messo. Interessante il fatto che il diametro della fresa è di solo 2 mm
17 Trattandosi di osso denso, gli impianti utilizzati avevano un diametro di soli 4 mm dopo maschiatura col corrispondente maschiatore.
18 Al controllo del 3/5/2021 il paziente non è gonfio e riferisce che mangia finalmente bene.
19 Inizio intervento implantare alle 8.45. fine intervento implantare alle 9.36.
20 Cementazione del provvisorio, confezionato al momento, ultimata alle 10.30. durata totale permanenza del paziente in ambulatorio1,45 ore.
Impianti postestrattivi immediati con carico immediato.
In molte ricerche, articoli e testi si parla spesso, riferendosi agli anni della seconda metà del 1900, di albori della implantologia, quasi fossero un periodo primitivo
e ormai superato, a fronte delle mirabili sorti e progressive della scienza implantologica cge è continuamente progredita anno dopo anno da allora.
Ma per chi ha vissuto e lavorato in quegli anni anche solo parzialmente come noi, (ricordo la prima iscrizione alla SOMECOI del Prof:Ugo Pasqualini avvenuta nel 1984), resta vivacissima la consapevolezza che i fondamenti della terapia implantologica sono rimasti i medesimi.
Tante mode si sono rivelate passeggere, mi riferisco ad esempio alle tecniche chirurgiche di innesto osseo nei settori posteriori della bocca. Invece si è rivalutato uno dei principi fondamentali della implantologia, soprattutto italiana.
Recenti ricerche hanno evidenziato che il carico immediato e progressivo costituisce un formidabile contributo al successo e alla integrazione dell’impianto nell’osso ospite.
Nonostante 30 anni di filosofia Branemarkiana imperante, è una soddisfazione il ricordare che negli anni 2000 è stato riconosciuto dalla comunità scientifica contemporanea il valore essenziale del carico immediato degli impianti.
Sorprende tuttavia, che lo si voglia realizzare utilizzando una tecnica inadeguata al raggiungimento di questo risultato.
L’implantologia ufficiale pur avendo rinnegato l’imperativo categorico della scuola svedese ed americana di non caricare subito l’impianto ma di lasciarlo sommerso ed inattivo per diversi mesi (aspettando l’integrazione), non ha riconosciuto il merito della scuola italiana di aver posto correttamente il problema ancora negli anni sessanta del secolo scorso.
Non solo, essa pretende senza averne l’esperienza e rifiutando gli strumenti adeguati, di insegnare le tecniche del carico immediato anche a chi ha percorso con successo questa strada parecchi anni prima.
Essa va producendo delle linee guida sorprendenti che, se possono forse ( perchè hanno le periimplantiti e le mucositi) essere adatte all’uso di impianti dai volumi ragguardevoli, supertecnologici nelle loro parti costituenti e nella loro struttura macro e microscopica, sono limitative per la tecnica implantare della scuola italiana che utilizza impianti più snelli. Quester linee guida, quindi non possono essere adottate in tutte le tipologie di impianti.
Gli impianti della scuola italiana posseggono generalmente una struttura a monoblocco. Nell’ultimo corso ECM su Dental Cadmos cui abbiamno partecipato nel dicembre scorso, abbiamo letto con sorpresa che gli impianti postestrattivi immediati vanno incontro a deiscenze con frequenza molto elevata (fino al 64%): Prevalenza in letteratura dei DTM, deiscenze dei tessuti molli soprattutto quando vengono eseguiti impianti postestrattivi immediati. Autori di riferimento: Martina Stefanini, ricercatore DIBINEM Univ. Di Bologna, Giovanni Zucchelli prof.ordinario DIBINEM univ. Di Bologna in LA GESTIONE DEI TESSUTI MOLLI PERI-IMPLANTARI CORSO ECM PROVIDER: IMAGINE DEL 2020. A noi risultano dati differenti. Negli ultimi 33 anni di attività ricordiamo meno di dieci casi con deiscenze in zone periimplantari anteriori legate agli impianti di Tramonte. Con circa 5000 impianti inseriti. Produrremo appena possibile i dati di riferimento. Come mai?
Data Anno 1991
Ambulatorio: Cavriana della dott.ssa Bellini Maria Angela
cognome e nome : Xxxxxxx Xxxxxx
Età: anni 41
N° impianti esistenti : 0
Data e n°interventi già fatti: 0
Tipo di impianto: impianto di Tramonte
N° impianti inseriti : 1
Saldatura: No
Zona dentale: 46
App. Rx endorale: Vix Win Cavriana
TAC: no
Situazione estrattiva: impianto postestrattivo immediato e subito caricato
Densità secondo Misch: D2
Antagonista elementi fissi naturali,implantari o protesi mobile: elementi naturali
Spessore della mucosa spessa media sottile: media.
Dichiarazione di soddisfazione video o scritto: si
Il Gambo, le spire, quanto osso asportare.
Questa è stata la via maestra battuta da una buona parte della scuola italiana: utilizzare viti di disegno analogo a quello utilizzato nelle viti da legno. Con questa tecnica, il maschiatore non asporta trucioli, ma intaglia l’osso, incidendolo e durante la penetrazione lo comprime leggermente, compattando il primo strato di osso più esterno. Esso contribuisce così ad aumentare la stabilità meccanica primaria; ovviamente lo spostamento delle trabecole strettamente contigue al maschiatore è consentito dalla presenza fisiologica degli spazi tra di esse. Unica fresa utilizzata nel 90% dei casi, la fresa lanceolata, come il maschiatore non asporta osso ma scendendo lo compatta sulla superficie esterna del tunnel implantare. Solo dei frustoli rimangono aderenti alla fresa quando viene ritirata.
Forma originale dell’impianto di Tramonte. Diametro 5 mm a 3 spire. Gambo diam. 2,1 mm. Collo diam.2 mm x 5 mm di lunghezza. Titanio di grado 2. Il grado 2 consentiva al bisogno di piegare il collo dell’impianto per migliorare il parallelismo. Si tratta di un impianto postestrattivo immediato. Perciò nella stessa seduta estrazione, alesatura maschiatura ed inserimento dell’impianto. Subito seguiti da monconizzazione e da confezione di corone provvisorie in occlusione leggera. Le radiografie fornite evidenziano la situazione a partire dal 2010. La emergenza del collo sottile favorisce la formazione di un manicotto di gengiva densa che protegge dalle periimplantiti. Le spire larghe irradiano lontano dal corpo impianto il carico occlusale favorendo la formazione di un osso più omogeneo.
Numero impianti esistenti: 3 Data e numero degli interventi: nel 1993 3 impianti in zona 14 24 25
Tipo di impianto: Tramonte Numero di impianti inseriti: 2 Saldatura: No Zona dentale: 21 23
App.Rx Endorale:Vix Win Tac: No Situazione estrattiva: impianti postestrattivi immediati Densità Secondo Misch: D2
Antagonista: fisso/mobile: protesi mobile totale Spessore mucosa: medio Altezza di masticazione: media Bruxismo: no
Foto: Iphone Xs Modello: No Consenso/ nota informativa: Si Privacy: Si
Operatore 1: Dr. Bellini Operatore 2: Dr. Bazzoli Sequenza frese: Solo fresa lanceolata Sequenza maschiatori: solo diametro 4 mm.
Carico occlusale: Immediato Complicanze: Video o dichiarazione scritta di soddisfazione.
In sintesi, ma ne parleremo in seguito, gli impianti di Tramonte:
A- Azzerano la chirurgia preprotesica.
B- permettono la conservazione del tetto corticale quando presente,
C- si possono inserire anche nelle creste sottili consentendo la conservazione del tetto,
D- rendono inutile lo scollamento,
E- riducono il consumo di osso quasi a zero, per la perforazione e l’inserimento,
F- favoriscono la formazione del collare gengivale anche in presenza di gengiva libera,
G- inibiscono il riassorbimento perimplantare perchè resta la corticale intorno al collo
H- ostacolano le periimplantiti,
I- non presentano al loro interno serbatoi di raccolta e di ridiffusione batterica,
L- essendo un monoblocco sono meno soggetti a frattura o distorsione delle parti costituenti
M- sono praticamente indifferenti alla eventuale placca batterica o a residui alimentari,
N- offrono una tecnica di inserimento veloce ed efficace
O- le manovre chirurgiche risultano così poco invasive e garbate da rendere gli impianti di Tramonte indicati in età avanzata, nei fumatori, nelle malattie croniche
P- La guarigione è veloce
Q- l’attività masticatoria normale è da subito ripristinata,
R- le complicanze sono praticamente assenti. Ma di vantaggi ce ne sono altri…..
T- uso di antibiotici ed antinfiammatori ridotto al minimo,
U- zero cortisone, gonfiore ridotto al minimo o assente,
V- anestesia solo puntata, minima,
Z- reinserimento lavorativo del paziente anche nella stessa giornata.
Y- gemizio postintervento minimo o assente
X- non c’è atrofia dell’ osso in seguito allo scollamento
W- non è quasi mai necessario innesto di osso.
– tempi di intervento minimi.
-tempi di preparazione, impronta, e rapporti col laboratorio veloci
– costi di acquisto dei manufatti implantari basso, e quindi,
– possibilità di avere un magazzeno impianti di scorta completo per scegliere l’impianto opportuno al momento dell’intervento.
– percentuali di successo implantari molto alte
– rischio di danneggiamento strutture nobili (arterie, vene, nervi) molto basso grazie al tipo di frese e di inserimento
-casistica personale del mio team ultratrentennale
– tecnica implantare finalmente accettata da università, ospedali e medicolegali che prima la osteggiavano fieramente.
News n. 3 07/12/2020 Carl E. Mish USA nel suo: ‘l’odontoiatria implantare contemporanea’ ediz. italiana 2000, pag.113 paragrafo:densità ossea – determinazione tattile – afferma:’ Per dare una chiara idea della sensazione tattile legata alle diverse densità ossee, ci si riferirà a materiali di densità corrispondenti. Quando si trapana osso D1, sembra di trapanare legno di quercia o di acero; quando si trapana osso D2, sembra di trapanare pino o abete. Quando invece, si trapana osso D3, sembra di trapanare legno di balsa, mentre infine, con l’osso D4 sembra di forare polistirolo. Questa classificazione che ritorna in tutta l’opera di Misch ha avuto fortuna ed è utilizzata in tutto il mondo. Tuttavia dopo queste similitudini perchè Misch, invece di usare frese e maschiatori per il legno, usa frese, maschiatori ed impianti con filetti per il ferro? Il ferro possiede una densità incomparabilmente più elevata di qualunque tipo di legno. Il lettore minimamente esperto sa riconoscere una vite del ferro e distinguerla da una vite del legno e dovrebbe conoscere la loro tenuta nei rispettivi materiali. Una vite da ferro possiede gambo e filetto inadatti a svolgere la loro funzione nel legno. Lavora male. Saggiamente quaranta anni prima il dr. Tramonte Stefano ITALIA ha dotato il suo impianto di una forma analoga a quella delle viti da legno. Gli ingegneri e gli artigiani sogghignano quando pongo loro il quesito: data la densità del materiale (osso), che filetto scegli? Adesso però entriamo nel dettaglio perchè le caratteristiche delle varie parti della forma implantare e i vantaggi che offre sono parecchi e non si può sottacerli o fingere che non esistano perchè hanno conseguenze molteplici e di lunga durata appunto. CARATTERISTICHE MERCEOLOGICHE DELL’IMPIANTO DI TRAMONTE che è in unico pezzo.
1- il gambo
2- il collo
3- le dimensioni la forma e lo spessore delle spire
4- il passo delle spire
5- il moncone
6- il grado del titanio.
7- la finitura della lavorazione.
Data 10/07/2020
Ambulatorio Acquafredda
cognome e nome Xxxxxxx Xxxxxx
Età 70 anni
N° impianti esistenti 6 inferiori e 10 superiori
Data e n°interventi già fatti: prima del 2008 2 impianti. 10/2008: 1 impianto in 12. 07/2009: 2 impianti in 21 e 11. 11/2009: 4 impianti in 23,24,25,26. 05/2010: 1 impianto in 22. 07/2010: 2 impianti in 14,14. 08/2012: 2 impianti in 31,32. 05/2019: 2 impianti in 34,36.
Antagonista elementi fissi naturali,implantari o protesi mobile: ponti su impianti.
Spessore della mucosa spessa media sottile: media
Altezza di masticazione alta media bassa : media
Bruxismo: no. Morso profondo
Foto: iPhone XS
Modelli: sì
Consenso/Informativa: si
Privacy: si
Operatore 1 dr. Bazzoli F.
Operatore 2 Dott.ssa Bellini Maria Angela
Sequenza frese: solo lanceolata
Sequenza maschiatori: no maschiatori
Carico occlusale e protesizzazione immediata. Carico bilanciato.
Descrizione intervento: Inizio intervento ore 9.00. Fine ore 11.45. NB intervento in anestesia generale richiesto dal paziente.
Complicanze Nessuna –
Dichiarazione di soddisfazione video o scritto
Come risulta dall’Estratto del Registro cronologico degli impianti su esposto il paziente si è sottoposto numerose volte ad interventi implantari,affrontando problemi settoriali mano a mano si presentavano. Tutti gli impianti sono convissuti sempre con elementi naturali che presentavano quadri variabili di parodontopatia. Mi sembra notevole questa situazione che viene da me riscontrata in moltissimi altri pazienti con casi di impianti che convivono con elementi naturali parodontopatici senza risentire delle infezioni, se la confrontiamo con le statistiche riportate dalla implantologia ‘osteointegrata’ ufficiale. Attribuisco questa felice condizione alla particolare forma nella zona di emergenza degli impianti di Tramonte. Essi sono dotati di collo lungo e sottile. Ciò garantisce la presenza di un manicotto di gengiva aderente molto stretto, inibendo di fatto la penetrazione dei batteri. Inoltre, non essendo costruito in più parti, (perchè è un monoblocco) non presenta cavità interne che quando sono colonizzate dai batteri costituiscono dei serbatoi molto efficaci nel perpetuare una condizione infettiva ed infiammatoria. Questa volta il paziente ha voluto affrontare l’intervento in anestesia generale, effettuato presso il nostro ambulatorio in Acquafredda con anestesista di lunga esperienza attrezzato. Il secondo aspetto strettamente dipendente dalla storia implantare del paziente è stata la presenza di disparallelismi corretti a fine intervento prima di protesizzarlo con circolare provvisorio a fine seduta alle 11.45. gli impianti appaiono tutti solidi e senza segni di periimplantite evidente o di infiammazioni della mucosa. Si comprende ora che è un ben piccolo sacrificio non raggiungere la perfezione estetica perchè si salvaguarda la funzione nel lungo periodo. E’ inutile ricordare che si tratta pur sempre di protesi e nella zona di raccordo tra protesi e superficie del corpo la perfezione estetica è solo una pia illusione.
Se l’uomo possieda la perfezione estetica e funzionale e se queste durino tutta la vita.
E inoltre se le cure mediche e odontoiatriche siano tenute per legge a restituire al paziente la perfezione estetica e funzionale; e che durino inalterate per il resto dei suoi giorni. Perchè questo pretendono i ‘periti’ oggi. Spero di condividere l pensieri che seguono con i medici ed odontoiatri che praticano l’implantologia di scuola italiana. E non solo.
Non esistono bocche perfette, non ci sono organismi perfetti. Come medici/odontoiatri possiamo solo augurarci di incontrare bocche normali, anche se molto spesso non è così. E con il passare degli anni è più facile perdere salute e normalità piuttosto che trovarle. Consumiamo lo smalto, si abbassano le gengive, si approfondano le tasche, si cariano le corone.
A volte le consumiamo noi stessi col serramento, col bruxismo o perché le spazzoliamo con troppa energia. Perdiamo in seguito i denti per varie cause e così si abbassa il livello dell’osso. E alla fine perdiamo la vita stessa. Quante volte siamo stati o ci siamo sentiti perfetti? E allora…. Sorrido con amarezza ogni volta che sento colleghi cattedratici declamare il ritorno alla perfezione estetica e funzionale del sorriso dei loro pazienti. Noi no! Noi non crediamo a questa dichiarazioni false e ingannevoli. E non crediamo neppure che a questo siamo tenuti legalmente.
Data3 dic 2020
AmbulatorioGuidizzolo
Cognome e nomeXXXXXXXXXXXXXX
Età66 anni
N.impianti esistenti4
Data e n.interventi già fatti:Vari (vedi nota)
Tipo di impiantoTramonte
N.impianti inseriti1
SaldaturaNo
Zona dentale41
App.Rx endoraleVixWin Guidizzolo
Tacpresente
Situaz.estrattivapostestrattivo immediato
Densità secondo MischD2
Antagonista(fissi,mobili)ponte su impianti
Spessore mucosamedia
Altezza masticazionemedia
Bruxismono
FotoIphone XS
ModelliSi
Consenso/informativaSi
PrivacySi
Operatore 1Dr.ssa Bellini
Operatore 2Dr. Bazzoli F
Sequenza fresesolo lanceolata
Sequenza maschiatoriNo maschiatore
Carico occlusaleImmediato in leggera occlusione
Complicanzenessuna
*Nota
Noi crediamo che sia indispensabile riportare ad una funzionalità normale la bocca dei nostri pazienti. E l’estetica solo per quanto è possibile: appunto al meglio. Anche i nostri pazienti lo sanno. Nonostante l’apparire giovani sani e belli sia il target della nostra società. In primis la funzione! Abbandonato l’inutile e falso obiettivo della perfezione estetica possiamo cominciare ad avere rispetto della integrità e delle buone qualità residue dell’apparato masticatorio del nostro paziente. Usando e rispettando il suo osso dove è presente. Senza devastarlo con inutili scollamenti, dissezioni per regolarizzare la cresta, atrofie indotte da lunghe attese di guarigione. Ad esse seguono perforazioni inutilmente estese con ulteriori perdite di osso, coronate poi da impianti che debbo riconoscere sono molto ben reclamizzati ed in costante evoluzione. A meno che poi il collega sospirando dichiari che l’osso manca e che bisogna fare un innesto. E la via crucis ricomincia… Mi scuso per lo sfogo. Gli impianti che uso sono praticamente identici al modello creato nel 1963 dal dott. Tramonte Stefano. E i miei pazienti si trovano così bene che io considero l’impianto di TRAMONTE pari almeno ai migliori prodotti del mercato, senza averne i difetti. Mi spiegherò meglio più avanti. Nelle prossime news.